Intervista a Katia Garzotto

Ciao Katia. Grazie per essere qui e per aver accettato di rispondere a qualche domanda. Aurora era la tua prima figlia e leggendo il tuo libro non si può non pensare a quanto debba essere stato difficile per te affrontare tutta quella sofferenza.  


A chi ancora non ti conosce, come ti presenteresti? 

Come una mamma che ha lottato fine alla fine, una mamma che vive per i figli.


Come ti è venuta l'ispirazione per scrivere questo romanzo?

Volevo scrivere questo libro da subito, da quando è andata via la mia bambina, scrivere di lei era come averla ancora con me, ma non avevo il coraggio. Sono stata tanto male, dopo che è morta mia figlia desideravo solo andare da lei, raggiungerla, sono stata in cura per tre anni, ma l'unica vera salvezza sono stati i miei figli che sono venuti dopo.


Il libro parla del lungo percorso affrontato da te e tuo marito durante la malattia di vostra figlia. Quanto hai scavato dentro di te per scrivere "Oltre l'impossibile”?

Prima di iniziare a scrivere, pensavo a lei, con la mente ripercorrevo tutto il nostro periodo insieme, dalla gravidanza all’ultimo giorno. Mi chiedevo se sarei riuscita a scrivere la nostra storia. Un giorno, dopo aver parlato con una persona conosciuta su un gruppo di lettura mi decisi a iniziare il racconto. È stato molto difficile, mi sono dovuta fermare tante volte, sentivo ritornare in me gli attacchi di panico che avevo quando lei mi ha lasciata, ci ho messo due anni per scriverlo, è stata veramente dura.


La tua bambina è nata affetta dalla sindrome di Goldenhar. Come ti sei sentita quando lo hai scoperto?

È stato devastante, per nove mesi mi dicevano che era tutto ok, che cresceva bene, scoprirlo cosi in quel modo come ho scritto nel libro è stato atroce, un incubo


Quanto ti ha cambiata il dolore?

Mi ha cambiata tantissimo, mi sono chiusa a riccio con la gente, non sono più tollerante, ansiosa al massimo, e purtroppo ho trasmesso le mie paure ai miei figli. Non reagisco più a nulla, sono apatica con tutto e tutti, ma con i figli sono una tigre, guai a chi li tocca, posso essere molto cattiva.


Come ti sei sentita quando hai finito il libro?

Mi sono sentita svuotata, come se qualcuno avesse aspirato tutta la linfa vitale dal mio corpo. Ora con il libro e le recensioni che ricevo non faccio altro che piangere, mi rasserena solo leggere tanto amore per mia figlia da parte di chi legge il libro.


Il tuo è un libro denuncia, cosa diresti ad altre mamme che si trovano a fronteggiare la stessa tua battaglia?

Alle mamme direi di aprire gli occhi, di ascoltare tutto quello che dicono i medici e di combattere anche contro di loro se necessario, di non farsi intimorire da un camice bianco, bisogna alzare la voce, farsi sentire.


Quali sono i tuoi progetti futuri?

Vorrei tanto che il mio libro arrivi a tutto il mondo, che sensibilizzi gli animi soprattutto di chi crede che con un camice bianco possa fare tutto. Vorrei essere di aiuto a quelle mamme che hanno bisogno anche di un sostegno morale.


Ultima domanda e più personale. Come stai ora?

Ora sto come allora, non è cambiato nulla, sono ancora tanto arrabbiata, e ho tanta paura di veder soffrire miei figli. Un errore medico ha distrutto la mia vita. Ho i miei figli, vivo per loro, ma non riesco a raggiungere quella serenità che mi permette di vivere e viverli bene.


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