Intervista a Davide Bellamy

"Insegnami a respirare" è l'esordio nel mondo della scrittura dell'autore Davide Bellamy. Ho avuto l'opportunità di farci due chiacchiere e sono rimasta molto affascinata dal suo essere genuino. Il suo è il sogno di uno scrittore vecchio stampo con l'intento di scrivere una realtà che sia un piccolo aiuto ai lettori. Una storia in cui ritrovarsi ad ogni pagina. 


Ciao Davide. Ti ringrazio per essere qui. Hai voluto raccontare la storia di Federico, dei suoi attacchi di ansia e panico, della sua depressione e di un incontro molto speciale che segnerà un vero cambiamento nella vita del giovane Bolognese. 

A chi ancora non ti conosce, come ti presenteresti? 

Mi presenterei come un ragazzo semplice che ha hobby, passioni, famiglia e lavoro. Un ragazzo che adora scrivere ma si vergogna ad apparire, che non ama stare al centro dell’attenzione, il che rende la pubblicità al libro molto difficoltosa, perché vorrebbe far conoscere questo suo bellissimo traguardo ma restare allo stesso tempo nell’ombra. 

Come ti è venuta l'ispirazione per scrivere questo romanzo??

Qualche anno fa ho attraversato un periodo della mi vita molto complicato. Passavo ore a scrivere su fogli bianchi gli stati d’animo, i sogni e le paure che mi tormentavano. A distanza di tempo ho preso coraggio e ho deciso di raccogliere tutto il materiale per ricamarci attorno una storia. 

Quanto hai scavato dentro di te per scrivere "Insegnami a respirare”?

Tantissimo. E proprio per questo ho avuto bisogno dell’aiuto di un terapeuta. È stato un percorso lungo e difficoltoso. Scavare dentro di sé non è sempre una passeggiata piacevole. Credo che l’importante sia affrontarlo con il giusto spirito e la giusta determinazione, lasciandosi aiutare dal professionista al quale ci si rivolge senza mentire, perché danneggereste solo voi stessi.

Federico, il protagonista della storia, ti somiglia in qualcosa?

Ammetto che Federico mi somiglia molto. Diciamo che entrambi abbiamo dovuto affrontare situazioni come ansia, panico e depressione. Molte sensazioni spiacevoli sono forse descritte bene perché le ho vissute sulla mia pelle. Ovviamente per far quadrare la storia, c’è anche tanto di inventato. 

Come ti sei sentito quando hai finito il libro?

Una volta terminata la scrittura del libro ero emozionantissimo, perché ero riuscito a realizzare un sogno che avevo fin da bambino. Anche se il momento più gratificante è stato ricevere la risposta molto positiva dall’editore che l’ha letto e corretto. Vi lascio poi immaginare il momento in cui ho tenuto tra le mani il libro e guardato la copertina per la prima volta.

Desideravi fare lo scrittore sin da bambino?

Non so dirti esattamente se volevo fare proprio lo scrittore, ma fin da bambino amavo i libri. Prendevo molto seriamente i temi a scuola e in un piccolo quadernino provavo di inventare storie. Quando come regalo ricevevo un libro ero felicissimo, lo preferivo a un giocattolo.

Quali sono i tuoi progetti futuri? 

Mi piacerebbe poter far sentire meno sole le persone che soffrono o che hanno sofferto di ansia, panico e depressione. Vorrei poter dire loro: “So bene cosa state provando, non siete soli/e”.

Inoltre, ovviamente continuare a scrivere altri libri. 



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